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Testo di Paolo Papone
Presentazione di Gianni Nuti
I capitelli romanici del chiostro di Sant Orso in Aosta, Pubblicazione Nomos Edizioni
PER UN RISUONAR DI PIETRE
Si narra qui di un luogo che concentra poteri simbolici capaci di dare più volti al mondo, un quadrilatero nel quale si sono impresse e poi ricalcate le impronte di generazioni d’uomini oranti, impegnati a interrogare un fazzoletto di terra nel quale è racchiuso ogni frammento del creato, perché sappia dare un senso alla vita di ciascuno e di tutti – sapienti e analfabeti – a coloro che passano e a quelli che restano. Il luogo nasconde un mistero, fatto di quei significati allusi, non manifesti che l’autore indaga con scrupolo e rigore epistemologico, ma anche desiderio di comunicare questa ricerca appassionata ai più. Lo fa attraverso una forma di mimesis, di uscita da sé e dal presente per reincarnarsi tra gli artefici e i contemporanei dell’epoca in cui questo chiostro fu concepito ed edificato: il modo migliore per parlare ai vivi, aiutarli ad affondare le loro mani pensanti dentro il flusso della storia, per farne emergere le sostanze perpetue che fanno dell’uomo l’uomo, della vita la vita...
Questo mistero, tuttavia, non si rivela al nostro autore, sfugge perché sta tra un capitello e l’altro, corre oltre la trama che rende distinguibili i vari cicli iconografici: quello dei profeti, quello di Giacobbe ed Esaù, o dell’incarnazione. Si tratta di una presenza ineffabile, percepibile dal nostro corpo vigile, ma inafferrabile dai sensi, quell’entità che il filosofo franco-russo Vladimir Jankélévitch chiamerebbe la presenza-assenza, il non-so-che e il quasi-niente. Qui sta la bellezza di questo scritto e di questa collezione di bellissime fotografie: una descrizione minuziosa ed esperta, una serie di immagini pulite, racconti biblici e dispute dell’epoca che si intrecciano con emblemi iconici ancestrali, simboli che richiamano altri simboli in un gioco di risonanze polifoniche evocando una metastoria di cui si possono solo percepire le vibrazioni, ma non i contenuti. Ciò che avvertiamo è uno charme, una forma di seduzione della mente tesa verso l’ulteriorità, scavata dentro un presente persistente e profondo.
Iddio sa quanto abbiamo bisogno, oggi, di rallentare i nostri sguardi, di soffermarci sui particolari minimali di materie inermi per estrarne delle bellezze inedite, per accendere in noi l’emozione della rivelazione stupefacente, per quanto povera. Leggiamo e ammiriamo per lasciarci abbandonare a ciò che non è scritto e non è visibile, ma è la vera sostanza, il vero senso.
Gianni Nuti
Sindaco di Aosta
Testo di Paolo Papone
Presentazione di Gianni Nuti
I capitelli romanici del chiostro di Sant Orso in Aosta, Pubblicazione Nomos Edizioni
PER UN RISUONAR DI PIETRE
Si narra qui di un luogo che concentra poteri simbolici capaci di dare più volti al mondo, un quadrilatero nel quale si sono impresse e poi ricalcate le impronte di generazioni d’uomini oranti, impegnati a interrogare un fazzoletto di terra nel quale è racchiuso ogni frammento del creato, perché sappia dare un senso alla vita di ciascuno e di tutti – sapienti e analfabeti – a coloro che passano e a quelli che restano. Il luogo nasconde un mistero, fatto di quei significati allusi, non manifesti che l’autore indaga con scrupolo e rigore epistemologico, ma anche desiderio di comunicare questa ricerca appassionata ai più. Lo fa attraverso una forma di mimesis, di uscita da sé e dal presente per reincarnarsi tra gli artefici e i contemporanei dell’epoca in cui questo chiostro fu concepito ed edificato: il modo migliore per parlare ai vivi, aiutarli ad affondare le loro mani pensanti dentro il flusso della storia, per farne emergere le sostanze perpetue che fanno dell’uomo l’uomo, della vita la vita...
Questo mistero, tuttavia, non si rivela al nostro autore, sfugge perché sta tra un capitello e l’altro, corre oltre la trama che rende distinguibili i vari cicli iconografici: quello dei profeti, quello di Giacobbe ed Esaù, o dell’incarnazione. Si tratta di una presenza ineffabile, percepibile dal nostro corpo vigile, ma inafferrabile dai sensi, quell’entità che il filosofo franco-russo Vladimir Jankélévitch chiamerebbe la presenza-assenza, il non-so-che e il quasi-niente. Qui sta la bellezza di questo scritto e di questa collezione di bellissime fotografie: una descrizione minuziosa ed esperta, una serie di immagini pulite, racconti biblici e dispute dell’epoca che si intrecciano con emblemi iconici ancestrali, simboli che richiamano altri simboli in un gioco di risonanze polifoniche evocando una metastoria di cui si possono solo percepire le vibrazioni, ma non i contenuti. Ciò che avvertiamo è uno charme, una forma di seduzione della mente tesa verso l’ulteriorità, scavata dentro un presente persistente e profondo.
Iddio sa quanto abbiamo bisogno, oggi, di rallentare i nostri sguardi, di soffermarci sui particolari minimali di materie inermi per estrarne delle bellezze inedite, per accendere in noi l’emozione della rivelazione stupefacente, per quanto povera. Leggiamo e ammiriamo per lasciarci abbandonare a ciò che non è scritto e non è visibile, ma è la vera sostanza, il vero senso.
Gianni Nuti
Sindaco di Aosta